Sep
15
2012
In questa Domenica meditiamo una pagina evangelica molto eloquente. Si tratta della professione di fede da parte di Pietro a Cesarea di Filippo, raccontata dal Vangelo di Marco 8, 27 – 25.
È un dialogo quello tra Gesù e i suoi discepoli, ed in particolare con Pietro, che avviene in una città particolare Cesarea di Filippo. Il luogo degli eventi è sempre evocativo di senso. È una città ricostruita nel 2 a. C., dall’allora tetrarca Filippo figlio di Erode il Grande, che intitolò così la città in onore dell’imperatore Augusto.
Una città pertanto che con le apparenze e le etichette vorrebbe indicare il potere e la grandiosità dell’imperatore, del Re del tempo. Un luogo lontano da Gerusalemme, vicino al mare, sarà il posto più lontano dove arriverà Gesù e da lì inizierà il viaggio verso Gerusalemme.
Interessante notare questa lontananza spaziale ed evocativa, rispetto al Tempio di Gerusalemme, il cuore della fede d’Israele, sarà proprio questo il luogo privilegiato dell’incontro con Dio. È proprio da lì che Gesù vuole partire per attestare la sua signoria e, quindi la sua missione. Identità e missione di vita sono un tutt’uno e mi pare significativo che Gesù voglia annunziare questa nel luogo più lontano, come a dire che per riconoscere Dio, per coglierne la Presenza non è necessario trovarsi nel luogo più raccolto e vicino a Lui quale potrebbe essere una Chiesa o la conclusione delle preghiere quotidiane, Lui si manifesta a partire dall’abisso dell’uomo. I luoghi della disperazione, del buio più profondo, dello scoramento e della tristezza, quei luoghi in cui l’umano si pensa lontano da Dio. È proprio da lì che si può riconoscere Dio quale signore della propria vita.
O si impara a riconoscerlo in quei luoghi o non sarà autentico riconoscerlo nei luoghi del quieto vivere, della felicità garantita dal benessere e dai privilegi della vita. More...