Aug
15
2017
Festa dell'Assunzione di Maria al cielo è un giorno particolarmente caro ai Missionari di strada in quanto, proprio con la celebrazione di questa festa nel 2004 in Albania, nascevano come fraternità itinerante Dashuria in cammino e nell'arco di un mese, era il 16 ottobre a Monreale, iniziava l'itineranza nelle piazze della Sicilia.
Torniamo a questa data che, altresì, ha scandito di anno in anno tante missioni nelle località balneari dell'isola, per approfondire la spiritualità mariana che restituisce memoria sulla speranza della vita.
Si, in un periodo pluridecennale di sradicamento dalle tradizioni ossia di esposizione in avanti privi di radici, la festa dell'Assunzione mostra come la crescita e la storia personale solo illusoriamente può essere fondata sull'autocentramento dimenticando, cioè, da dove si proviene.
Si pensi ad un albero che cresce in tutta la sua maestà esponendosi in altezza alla ricerca del sole, qualora fosse privo di radici la sua altezza determinerebbe uno sbilanciamento tale da farlo venire all'improvviso giù.
Maria accoglie una parola che è proposta di vita, il suo “si” esprime l'accoglienza ed il compromettersi di lei, ancora ragazza, cogliendo la portata di una risposta che avrebbe coinvolto tutta la sua esistenza.
Il coraggio della parola è quel che manca nel nostro tempo, colmo di parole vuote e dettate dalla convenienza del momento. Molta della patologia del nostro sistema sociale è da ricondursi al cattivo uso delle parole che non esprimono più veridicità, il cui senso viene relativizzato in base all'interesse di turno.
La parola, ancora, viene usata per mormorare e uccidere, per etichettare e cristallizzare la vita altrui. Nutrirsi di parole malsane equivale a guastarsi la vita, quanti stanno a rimuginare pensieri tristi e a dirsi quel che avrebbero voluto essere e che non sono stati. In quel caso il passato diventa eterno presente, e la parola fonte di morte, incapace di portare oltre verso nuove prospettive di vita.
La parola pubblicitaria manipola i modi di intendere e di volere, induce bisogni e vuoti esistenziali. Sembrerebbe che la civiltà occidentale trovi nell'interesse del singolo la sua ultima parola, l'individuo al di sopra di tutto.
Maria accogliendo la Parola si compromette cioè si lascia contaminare e quel “si” cambia la sua esistenza, ora la sua storia si lega in modo inedito con la storia di Dio.
Da questa accoglienza parte un'esperienza nuova, lei si mette subito in cammino perché custodire non significa possedere per sé, quel che si ha è dono e pertanto può essere custodito solo nella logica di comunione, è perciò che Maria condivide con Elisabetta quel che ha ricevuto.
Non si tratta di mere parole, come un racconto vuoto, ed Elisabetta esulta di gioia nel salutare la parente e riconosce che la fonte di questa comunione sta nell'avere creduto alla promessa del Creatore.
Da lì la risposta di Maria è il cantico del Magnificat, espressione di gratitudine che permette di vedere oltre l'evidente, seppure il reale sembrerebbe schiacciato dalla soverchieria dei forti e dalla tracotanza dei ricchi. Questo inno, infatti, sarà lasciato nella Scrittura anche se apparentemente la storia, immediata, avrà un altro epilogo e i due figli che le donne portano nel grembo saranno entrambi martirizzati, prima Giovanni e poi Gesù.
Mentre la storia umana viene valutata secondo la lente dell'individualismo in cui ciascuno cerca di valutare la propria perfezione, la storia di comunione tra il Cielo e la terra usa il criterio dell'amore, non quello consumistico descritto dalle parole del capitalismo, ma quello della gratuità e della gioia per il bene altrui.
La vita diventa Annuncio solo quando si custodisce questa Parola.