lug
19
2014

Dal superficiale al profondo

      “Dal superficiale al profondo” potremmo intitolare così il tema biblico di questa Domenica, come a dire che la Parola chiede il passaggio dall’apparente al nascosto. È l’itinerario cristiano che va dal buio della menzogna alla Luce della Verità. Dio, infatti, dà il senso delle cose, dà un perché nuovo e può sempre orientare la vita al Bene anche se essa è stata segnata dall’esperienza di peccato.
        La Parabola della zizzania racconta di come il male viene seminato dal nemico nel sonno, in un secondo momento perché in principio c’è solo il Bene. Già in questo passaggio cogliamo una denuncia: perdere lo stato di vigilanza equivale a far crescere la zizzania. Tornano in mente le parole di Paolo alla Comunità di Roma (Rm 13,11): “È tempo di svegliarvi dal sonno”. Come a dire che l’atteggiamento del cristiano è l’esser desti e, pertanto, sempre in cammino. Ogni Annuncio è come l’esperienza battesimale, cioè l'invito ad uscire dall’acqua e a mettersi in cammino abbandonando lo stato di prima, come il popolo d’Israele che abbandona lo stato di schiavitù attraversando il Mar Rosso fidandosi di Dio, della sua promessa di salvezza.
         Pensiamo al nostro modo di stare per strada, a come avviene l’Annuncio, l’incontro con chi si mostra contrario alla proposta del Vangelo. La Fraternità missionaria come intende “estirpare” il male, forse con la forza? La Parabola affronta il problema delle soluzioni al male, Dio ci sorprende perché anche attraverso il male che non gli appartiene Lui può mostrare la sua misericordia. Il male, in ogni caso, è presente nella storia. Non esiste la realtà “pura”, c’è un seme cattivo e cioè la parola di menzogna che orienta la crescita dell’uomo verso un’altra direzione, quella che fa mancare il bersaglio, il centro della propria esistenza.
             La zizzania è differente dal grano, interessante notare come gli somigli eppure non porta un frutto mangiabile, anzi farebbe parecchio male. Così è della menzogna che somiglia alla verità tanto da apparire, a principio, bella e desiderabile, convince!
È nel tempo che la menzogna fa scorgere la sua vera proposta, non procura gioia ma paura, non l’amore ma l’avidità e la brama di possesso. È l’esperienza dei progenitori che si scoprirono nudi dopo avere mangiato il frutto della menzogna, quello che li avrebbe resi “come Dio” (in realtà erano già ad immagine di Dio, aderendo al suggerimento menzognero hanno perso la verità su se stessi illudendosi della menzogna).
          L’indicazione della Parabola è di “lasciare” crescere insieme, grano e zizzania. La reazione vendicativa contro il male sarebbe una reazione contro Dio perché non terrebbe conto del suo estremo desiderio di bene per tutta l’umanità. Ricordiamo la posizione di Giona (4) che avrebbe voluto stroncare il male di Ninive ed invece Dio gli mostra la sua misericordia. Proprio nel confronto con il male Lui si rivela come Dio attraverso il suo perdono, è quel che avviene anche dall’alto della Croce. Il perdono guarisce e trasforma la realtà negativa, perché chi è attraversato dal perdono allora riparte grato per il dono ricevuto, sa che il dono è gratuito perché per il suo male ne avrebbe “meritato”, piuttosto, il castigo!
          Anche per i progenitori la cacciata dal Paradiso non è tanto la decisione vendicativa di Dio ma l’occasione da Lui data per trovare la via di ritorno e per imparare a trovare un modo vero per abitare il Paradiso. E il modo non è certo la vergogna ed il nascondersi da Dio, ma per scoprirlo Adamo ed Eva, immagine di tutta l’umanità, dovranno fare un percorso di riappropriazione della loro verità/identità perduta.
            Chi crede di avere “ricette” pre-confezionate e soluzioni in tasca elargendo giudizi a buon mercato, non si rende conto che la vita può essere compromessa da giudizi affrettati, da valutazioni basate sulle prime apparenze. Molti pregiudizi scaturiscono proprio dall’ansiosa pretesa di controllare, conoscere, dominare tutto.
         Sembra che il nostro tempo abbia perso la capacità dell’attesa, il senso del mistero, nell’uomo contemporaneo sembra venire meno il senso di meraviglia e di stupore, quello che lascia al domani la possibilità di rivelarsi. La logica del “tutto e subito” sembra strappare le gioie della vita quotidiana, la Parabola ci riporta al senso dell’attesa, perché altrimenti si strapperebbe anche ciò che è bene. Di mezzo c’è l’opera di Dio, il suo desiderio di salvezza per l’umanità, il suo riadattarsi alla condizione umana scrivendo la sua storia, nonostante le tante nostre devianze.
        Troviamo accostate alla nostra Parabola anche quella del granello di senape e del lievito che fa fermentare tutta la massa. Sono due ulteriori immagini che ci invitano a prestare attenzione a ciò che è piccolo, a ciò che altrimenti rischieremmo di lasciare perdere per mancanza di interesse perché apparentemente poco importante. Il cristiano dovrebbe essere un ricercatore, cioè porsi in ascolto della realtà che lo circonda senza “banalizzare” attraverso etichette tipiche dei luoghi comuni.
         Tendenzialmente prestiamo più attenzione al sensazionale, a ciò che appare “grande” secondo la logica di questo mondo. Basta una grande campagna pubblicitaria per portare intere folle verso nuovi “valori” o stili di vita. Eppure ciò che è ben più piccolo, il granello di senape o il lievito, è ciò che cambia la  sostanza delle cose, dà un frutto inaspettato. Le parabole della piccolezza mostrano come la grandezza di Dio si manifesti proprio in ciò che è semplice ed apparentemente di poco valore rispetto ai calcoli umani. Il granello di senape è davvero quasi impercettibile, eppure da esso nasce un grande arbusto. Lo stesso accade quando viene concepita una nuova creatura, al punto che da molti è considerata relativa e, pertanto, passibile di aborto. Ricordiamo che il Segno che Dio darà all’umanità è proprio un “bambino avvolto in fasce”, quanto di più misconosciuto dai potenti del mondo.
         Il lievito ha una connotazione particolare: abbisogna di mescolarsi per far lievitare la massa. Torniamo alla prima parabola, quella della zizzania. Lasciare crescere insieme equivale a convertire e la conversione cristiana è frutto di una testimonianza di vita. Il lievito in fondo è una misura di pasta inacidita, non è pasta “pura”  ma guastata, si pensi a Cristo che si lascia “guastare”, contaminare dall’umanità che ha attorno: tocca i peccatori, tocca i morti, si lascia avvicinare da quanti sono considerati “impuri”, Lui stesso diventa corpo consegnato e nascosto, chiuso in un sepolcro. Dio si immerge negli abissi dell’umanità. Tornando al tema della Missione, che forse non sia questione di contaminazione?

 

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