Jan
6
2015
Il Vangelo di oggi, Solennità dell’Epifania del Signore, ci appare con un fascino particolare: quello del Natale che incrociando il cammino dell’umanità chiede di entrare nella logica del Dono.
I primi testimoni di questo crocevia, divino e umano, sono proprio i Magi, uomini che dall’oriente si spingono avanti alla ricerca della Luce, quella vera. Anche a loro non bastano gli astri, non sono fermi alle luci che illuminano il mondo ma scrutano i segni per andare oltre ed abbeverarsi alla sorgente dell’esistenza. Ci rendiamo ben conto, con loro, che le tante soddisfazioni della vita non riescono ad estinguere la profonda nostalgia del Bene, si tratta di un desiderio che solo l’incontro con il Signore può colmare.
Loro guardano la realtà che li circonda e la colgono quale segno e non come compimento. In questo rischio ravvisiamo il travaglio di molta gente che sembra continuamente insoddisfatta, proprio perché scambia lo strumento con il fine.
Fermarsi al mezzo non appaga, faccio un esempio concreto per semplificare: di fronte ad una pietanza natalizia ci si può porre come chi la guarda al pari di un oggetto di desiderio per sfamare la propria brama di soddisfazione; oppure ci si può chiedere l’origine, chi l’ha preparata e con quale fatica, cioè si può cogliere, contestualmente, il calore che indica quel segno. È per tale motivo che i piccoli hanno bisogno, in primo luogo, del nutrimento emotivo costituito dall’affetto e dall’accudimento che viene trasmesso anche attraverso il cibo. Chi si sente rifiutato o maltrattato, infatti, esprime la ferita relazionale attraverso un cattivo rapporto con l’alimentazione, così è nel caso di disturbi alimentari quali l’anoressia o la bulimia.
Scrutare i segni, pertanto, significa fare della realtà un qualcosa di più ampio rispetto all’immediato, coglierne i significati riflettendo sul senso delle cose. Il cristiano non può fermarsi a prendere atto della realtà che lo circonda: è triste ascoltare cristiani che con rassegnazione si limitano ad analizzare il nostro tempo condividendo amarezze e delusioni senza alcuna speranza. Il cambiamento atteso, in fondo, è già avvenuto se ci rivolgiamo a Gesù Salvatore!
Ed è così che troviamo i Magi in viaggio, prima verso Gerusalemme e poi diretti a Betlemme. È il cammino del discernimento che parte dagli indizi sicuri per poi scovare i segni più reconditi, i Magi andranno al grande centro religioso per poi dirigersi verso la piccola e nascosta Betlemme.
Loro cercano il Re a cui consegnare la propria vita ed è significativo che proprio al re Erode chiedano dove sia il Re dei Giudei, il Re della fede d’Israele. Non interessa la regalità di questo mondo che magari potrebbe promettere favori o tornaconti vari, è ben altro che cercano e proprio per questo resteranno stupefatti dinanzi all’icona di Maria che tiene tra le sue braccia Gesù. Quanto di più semplice e fragile diventa per loro la rivelazione che appaga la profonda sete di risposte: è il segno che acquieta la loro ricerca di Verità.
Un ultimo particolare sottolineiamo in questa Solennità: dopo averlo riconosciuto si prostrano in adorazione. È l’atteggiamento necessario per vivere l’esperienza dell’Epifania, manifestazione del Signore, nella nostra vita. Scoprire il Signore senza poi consegnarsi totalmente a Lui non ha senso, è la religiosità formale di chi non vuole “perdere la propria vita”. In fondo anche Erode cerca Gesù ma per ucciderlo. Se non consegniamo a Lui ogni cosa, allora cercheremo, come Adamo, di impossessarci dei doni di Dio per nutrire la nostra brama di potere!
I Magi, piuttosto, ci invitano a essere itineranti, a non fare della nostra vita un oggetto di dominio. Dall’adorazione loro partiranno per una via nuova, la consegna a Dio comporta questo continuo rimanere alla sua sequela e ciò è sempre novità di vita: quel vino nuovo che rende affascinante ogni giorno che ci è donato.