May
4
2013

Fare spazio è mostrare il "Sorriso" di Dio

    Il Vangelo di questa domenica (Gv 14, 23-39) continua a rivelare l’umiltà di Dio infatti incontriamo Gesù il quale dice di stare preparando un posto presso il Padre e pertanto non lascia orfani i suoi.
         È interessante questo accostamento, non avere posto è un po’ come restare orfani mancare di un Padre. La paternità di Dio si esprime con il fare spazio, dare posto ai figli, è questa la logica dell’amore. Sorprende pensare che alla sua nascita Gesù non trova un posto, “non c’era posto per loro in un alloggio”, l’umanità deve ancora imparare che cosa significa far posto!
         Ama chi non occupa tutto, ma chi fa spazio all’altro, lo accoglie dentro di sé, nella sua di vita. Così è di Dio che ha fatto spazio nella sua vita, anche nella sua relazione intima ove non c’è più soltanto il Padre, il Figlio e lo Spirito, ora all’interno di questa relazione trova spazio l’intera umanità. Pensiamo “semplicemente” all’Evento dell’Incarnazione, da quando Dio si è incarnato non è più lo stesso! Cioè ha accettato di vincolarsi intimamente con la creatura, di favorire una vicinanza estrema, tanto che ancora oggi quando il popolo dei battezzati si riunisce a celebrare Eucarestia ecco che Lui si rende presente, il popolo ha la capacità di rendere presente Dio.
          Non è da intendersi, però, come di una sorta di potere, come a dire che siamo capaci di comandare Dio, è invece la forza dell’Amore, il celebrare è espressione d’Amore, è un fare spazio per accogliere la sua Presenza. Ecco ora a fare spazio è la creatura, si perché come ribadisce in questo discorso evangelico Gesù, “se uno mi ama io e il Padre prenderemo dimora presso di lui”. Il dimorare di Dio è caratterizzato dalla disponibilità all’amore, dimorare equivale a consegnarsi appieno a quella creatura e pertanto renderla capace di santità, di Luce interiore ossia presenza di Dio.
           Il Consolatore ci farà ricordare ogni cosa, ricordare è portare al cuore ed è lo Spirito d’Amore che ci permette di comprendere le cose di Dio e della nostra vita, comprendiamo proprio perché il cuore conosce il linguaggio dell’amore e questo nutre, dona speranza e vita anche di fronte all’esperienza della Croce. Pensiamo ai discepoli in cammino verso Emmaus che stavano a nutrirsi di “pensieri di morte”, chini su se stessi la loro vita era nutrita dal fallimento anche se apparentemente camminavano, andavano avanti nella vita.
            La presenza dello Spirito, la dimora di Dio nella vita degli uomini è connotata da due qualità: la pace e la gioia.
La pace non quale pace tra due guerre così come era la pax romana, una tregua raggiunta con la forza della spada e con la minaccia di morte. Non è di questa pace che si parla, piuttosto della pace che scaturisce dalla forza dell’amore crocifisso, Gesù risorto mostrando i segni della sua passione saluterà donando la pace ai suoi discepoli, se saprai amare nonostante tutto ecco quella si che è pace, la pace che nessuno potrà mai strapparti. Così come della quiete nel profondo del mare seppure in superficie impera la tempesta.
           Per quanto riguarda la gioia non si tratta di quella che promette il mondo: l’ebbrezza immediata, frutto dell’occasione. La gioia di cui parla Gesù è invece il frutto di un cammino, ha un prezzo insomma e ciò perché a principio ha un altro sapore, sembra amaro addirittura. San Francesco dopo l’abbraccio con il lebbroso dirà “ciò che era amaro si mutò in dolcezza”. Ma anche per lui quell’abbraccio è stato il frutto di un travaglio durato molti anni. Abbraccerà il lebbroso solo dopo che avrà fatto esperienza della perdita, della perdita di tante cose che prima riempivano la sua vita ma che in realtà lo lasciavano solo, una solitudine che dopo “la festa” era profonda tristezza d’animo.
           Gesù dice di dovere andare per poi potere tornare, e chiede ai suoi di lasciarlo andare. Questa richiesta esprime l’estrema libertà dell’amore, ama veramente chi lascia andare l’amato e questo è l’unico modo per permettergli di tornare, di dimorare. Così è del dono del Padre, Lui dona il Figlio all’umanità, il “separarsi” è proprio di chi lascia vivere l’Altro. Pensiamo in modo analogo, ma non identico, al rapporto tra genitori e figli. I figli si scoprono profondamente amati quando i genitori permettono loro di esprimersi, di realizzare la propria vita, anche se questo comporta il distacco, il non dipendere quindi, l’allontanarsi almeno fisicamente. Il tipico ricatto volto ad ingenerare sensi di colpa è cosa ben diversa dall’amore.
           Conclude il suo discorso Gesù anticipando quanto il “menzognero” colui che cerca di offuscare il Volto di Dio sta per fare, Lui sarà preso e consegnato ma quest’azione progettata da chi vuol fare del male di fatto svelerà la grandezza del Volto di Dio disposto a dare totalmente se stesso per non reagire con la violenza, in questo modo il Cristo Crocifisso mostrerà appieno il volto dell’Amore. È quanto in modo del tutto similare ha mostrato don Pino Puglisi, giusto fra un paio di settimane celebreremo la sua Beatificazione. Lui ha mostrato il Volto di Dio che sorride, ha mostrato il sorriso di Dio in un luogo, Brancaccio, ove il male pretendeva di avere il totale dominio. Di fatto oggi, la sua morte commuove ancora proprio perché mostra la passione dell’amore che Dio ha per tutta l’umanità, e così è di tutti i Suoi Testimoni…

 

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