mag
8
2016

Gli ultimi hanno il primato nel cuore di Dio

      Danisinni si appresta, oggi, ad iniziare una nuova esperienza di primo Annuncio così come è nello stile della missione francescana. Un tempo in cui le vie del Rione saranno attraversate dalla Grazia, e dall’Annuncio della buona notizia, quella che dona alla vita di ciascuno una prospettiva inedita che viene dall’alto e che permette di stare nelle cose quotidiane con un fare nuovo.

 

     Come a confermare il valore di questa esperienza oggi la festa dell’Ascensione di Gesù al cielo ci ricorda il senso ultimo all’Incarnazione: Dio si incarna per incontrare l’uomo e mostrargli la via del Cielo.

       Non si tratta certo di una svalutazione dell’esperienza terrena come certe forme di spiritualismo vorrebbero propinare, è piuttosto l’ingresso nella quotidianità della gente con uno sguardo che non è ferma all’immediato o alla costruzione di cose piccole per dare senso alla vita.

       Per comprendere quanto destabilizzante sia la festa dell’Ascensione è da ricordare che Gesù camminando per le strade della Palestina si è fatto vicino a prostitute e a diversi tipi di peccatori pubblici, cioè uomini e donne senza volto per quella società legalista ove la Legge murava le esistenze con etichette senza cura. Lui, medico che guarisce, ha riscattato quell’umanità scotomizzata donandole riconoscimento e amore. Ha, così, aperto la visuale di ogni interlocutore alla bellezza della vita eterna da condividere con Dio già durante il cammino terreno.

Credere che si è perdonati e che c’è una nuova opportunità di vita è davvero sconvolgente per chi si lascia attraversare dalla Grazia, ma sovente l’umanità resta ancorata alla propria rassegnazione pessimistica come se non ci fosse spazio per il futuro o possibilità alcuna di restituire valore alla propria vita.

L’incontro con Dio, diversamente, glorifica e cioè restituisce dignità e peso all’esistenza di ciascuno. Come quando un figlio dopo una caduta torna a casa e, sorprendentemente, trova un padre che lo accoglie abbracciandolo.

La dipartita di Gesù è coniugata con un mandato, è l’Annuncio a tutti i popoli della conversione e del perdono dei peccati. Si tratta di testimoniare all’umanità che c’è un modo diverso di vivere la quotidianità: rivolti a Gesù che insegna e cioè nutriti dalla sua Parola e, questo, in primo luogo comporta un’esperienza di misericordia.

È Lui a perdonare e non i propri meriti, l’ultima consegna di Gesù è uno svelamento pieno della Scrittura in cui viene precisamente indicato che il frutto dell’incontro con Dio è il sentirsi amati da Lui.

Proprio per questo motivo la Chiesa fa esperienza dell’Ascensione e ancora oggi celebra questo Evento quale atto di fiducia ed amicizia con Dio.

Lui non rimane presente allo stesso modo proprio perché consegna “il suo potere” ai figli, il potere della misericordia. La relazione con Dio diventa pienamente amicizia e ciò libera da quella dipendenza propria della spiritualità infantile, quella che delega a Dio le decisioni sulla propria esistenza. L’Ascensione è un atto di fiducia e di riconoscimento delle capacità di ciascuno.

Dio accetta la distanza perché vive fino in fondo la relazione. Ogni esperienza fusionale, infatti, è mortificazione dell’altro e di sé, il cristianesimo è relazione interpersonale in cui la creatura non si disperde mai nel Creatore e, anche nell’eternità, resta di fronte a Lui come a testimoniarne la gratuità d’Amore.

 

 

 

 

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