Mar
13
2016
Interessante notare che in questa domenica, quinta di Quaresima, la liturgia si soffermi su una pagina del Vangelo (Gv 8, 1-11) così provocante, in cui Gesù dà scandalo ai benpensanti che gli stanno attorno. In realtà loro avevano teso un tranello al Maestro, proprio perché chiedendo se fosse o meno lecito condannare a morte l’adultera in realtà stavano tramando, proprio, la morte di Gesù!
Se Lui avesse risposto di essere favorevole poteva essere denunciato al tribunale romano al quale spettava l’autorità sulla eventuale condanna a morte, se si fosse opposto allora scribi e farisei avrebbero potuto aizzare il popolo contro di Lui perché contrario alla Legge, la quale peraltro prevedeva la lapidazione di chi si fosse opposto ad essa.
È il consueto modo pretestuoso di avvicinarsi a Gesù per affermare se stessi e non per divenirne discepoli. È così che scribi e farisei non sono disposti all’ascolto, piuttosto utilizzano lo sguardo per giudicare, bramare ed entrare in competizione con l’altro. È l’uomo di superficie, mentalmente evoluto ma finalizzato al proprio “tornaconto”.
Gesù è scomodo perché Lui è in ascolto dei bisogni profondi dell’umanità intera, è scomodo perché contrario alle regalie o ai privilegi, è capace di servire prima che di essere servito.
Loro si recano da Gesù mettendo al centro un’adultera, la vedono per il suo peccato e non in quanto persona, l’etichetta a loro avviso manifesta tutta l’identità come se fosse un oggetto qualsiasi. È al centro del loro sguardo così come per molti al centro c’è sempre l’errore altrui, il torto subito, lo sbaglio imperdonabile.
L’umanità abbisogna di una prospettiva molto più ampia per vivere, non è possibile sostenere il cammino nella storia ancorati ai segmenti di verità, ai momenti difficili, alle ferite esistenziali che ciascuno potrebbe portare dentro.
Loro insistono come a volere portare Gesù dentro quello sguardo e quel modo di intendere la vita. Lui entra ma con la sua Parola, quella che illumina anche i lati più oscuri della creatura, la frase ferma il presente fino a risuonare nei luoghi più reconditi dell’animo umano: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" .
Una affermazione che rimanda all’introspezione interiore, al guardarsi dentro e cioè all’ascoltarsi! L’uomo che ascolta se stesso scopre tutta la sua fragilità, il suo essere creatura in mezzo a creature e, pertanto, incapace di giudizio alcuno. Viene meno, il giudizio, lasciando spazio alla consapevolezza, al desiderio di trovare la vera meta della propria vita, abbandonando parcheggi pretestuosi.
Gesù pone al centro la donna, interagisce con lei riconoscendole dignità, la guarda con occhi di misericordia, è questo lo sguardo di Dio. Prima del perdono c’è l’amore, prima del dono c’è l’accoglienza, Lui l’accoglie quale persona e così la rende pienamente figlia del Padre suo.
In questo cammino ormai prossimo alla Pasqua questo racconto ci da coordinate chiare su come procedere: è necessario andare leggeri e abbandonare i sovrappesi del peccato, per accogliere lo sguardo del bel Pastore che ci viene incontro.