Oct
5
2014
Quali i frutti della nostra missione?In questa domenica, giorno di apertura del Sinodo sulla famiglia, ci viene proposta una interessante pagina evangelica inerente alle responsabilità della nostra vita. L’esistenza è compito e dono, responsabilità e fiducia, azione ed attesa. Sono tutte dimensioni che si intrecciano nella vita del credente il quale, per rimanere discepolo, è chiamato a vivere questa continua tensione trascrivibile nel “già e non ancora”.
Il popolo d’Israele rappresentato dalla vigna, scelta e vangata proprio da Dio, è il popolo chiamato non perché migliore ma perché bisognoso di cure, come dice Isaia 5 la vigna andava “dissodata e sgombrata dai sassi, e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi.
Dopo avere ricevuto le cure del padrone cosa impedisce di produrre uva buona? Acini acerbi non hanno succo, da essi non si può ricavare il succo d’uva per allietare l’umana gente.
Ancora una volta è la logica del possesso anziché quella del dono, ad interferire con l’opera di Dio. È come se l’uomo pretendesse di essere all’origine di tutte le cose per non dipendere da un altro! Eppure la stessa vita e tutto quel che siamo è dono di Dio, dono da restituire a Lui come era solito ricordare Francesco di Assisi.
Rischiamo altrimenti di non avere più vino per la festa, di costruire rapporti formali ove non c’è più gioia. Relazioni ove vige il desiderio di dominare fino a svalutare la dignità dell’altro, presto finiscono con l’inaridire la vita ed i rapporti umani. È quel che accade a principio dei segni operati da Gesù quando a Cana di Galilea una giovane coppia vorrebbe celebrare la propria unione senza Dio (le giare sono vuote) e quindi senza vino, privi dell’ebbrezza propria della vita. Così è di molte coppie che hanno dimenticato la logica del dono, della gratuità nel rapporto matrimoniale.
In merito a questa ferita relazionale ieri sera, durante la veglia di apertura del Sinodo, papa Francesco diceva: "Questa è l'ora in cui si torna a casa. L'ora in cui si torna agli affetti, alla famiglia, al vino della gioia. Ma è anche l'ora in cui tante persone si ritrovano a tu per tu con la propria solitudine. In queste case è venuto meno il vino della gioia, la sapienza della vita".
Il Vangelo ci parla di un compito, quello di portare frutto. Siamo tutti chiamati ad una specifica missione nella Chiesa. Dio si allontana perché dà fiducia, crede nell’uomo più di quanto l’uomo stesso possa immaginare. La missione, allora, comporta un mantenere vivo il senso del dono, a perdere per ricevere. È così che il cristiano decide di rischiare lasciando il certo per l’incerto, fidandosi di Dio più che dei propri calcoli.
In definitiva tutti noi scopriamo che il valore vero delle cose non sta su di un piano formale. Quando noi vogliamo il dominio sulle cose cerchiamo di appropriarcene magari dando loro un prezzo, ma questo genera ansia e bramosia. Differente è l’esperienza di chi riceve un regalo, la gratitudine è altra cosa, è commozione che scaturisce dal sentirsi amati e, pertanto, custoditi nel cammino della propria vita. comprendiamo l’invito di papa Francesco: “la Chiesa ascolti i battiti del tempo” e, aggiungiamo noi, trovi così il ritmo del cammino.