Aug
2
2015
Ci siamo, tra qualche ora inizia la Missione di Strada 2015 Fa’ Miglia con Noi. Mondello si colora di fucsia ma sarà la Parola a guidare questa nuova esperienza di Chiesa per strada. Ritorniamo alla Parola questa domenica, pertanto, per lasciarci orientare. Scaturiscono almeno tre interrogativi: di cosa mi nutro? Da chi cerco nutrimento? Quale è il frutto del mio nutrimento?
Il popolo d’Israele durante l’Esodo (16, 4ss), dimentico delle opere prodigiose e del tanto bene ricevuto da Dio, torna a mormorare. Non è disposto ad attendere, così come non aveva avuto pazienza quando Mosè stava sul Sinai per ricevere le Parole di vita. L’immediato ed il garantirsi la vita cioè il governarsi da sé, hanno il sopravvento. Non c’è disponibilità ad attendere e, di conseguenza, seguire Dio.
Eppure sappiamo bene quanto prezioso sia il tempo dell’attesa, il silenzio, il non avere o dare risposte immediate. È la mens economica ad indurci, ancora oggi, a dare priorità al tempo più che alla cura delle relazioni o la salute. In tanti oggi corrono per guadagnare ed avere di più, per appagare fami esistenziali attraverso i tanti nutrimenti di un momento i quali, però, si rivelano privi di durata nel tempo!
È una fame più profonda, di eternità e di rapporto con l’Eterno, a nutrire veramente l’essere umano. I vari surrogati di turno di fatto non riescono ad appare ma lasciano un ulteriore senso di vuoto. Altra cosa è la mancanza frutto di una relazione che si coltiva nel tempo. Potremmo dire che Israele in quel momento ha scelto la via che porta al vuoto anziché attraversare il deserto reggendo il senso di mancanza.
È tanto il mormorare e l’agitarsi di Israele da tornare ad avere nostalgia per il cibo d’Egitto, proprio quel cibo che manteneva lo stato di schiavitù. L’uomo sempre più agitato si crea delle prigioni sempre più fitte iniziando a pensare che quella possa essere l’ovvietà della vita.
Torna alla mente la parabola del seminatore quando i rovi vengono a soffocare il buon seme. C’è chi ascolta la Parola di vita ma lungo il cammino si lascia prendere dalle preoccupazioni che vengono ad impegnare, occupare, la vita della persona. Una persona preoccupata e che continua ad agitarsi perdendo la “gestazione” della Parola. Così come nello stato di gravidanza, infatti, la Parola va custodita ed accompagnata, non è possibile ascoltare la Parola e, al contempo, continuare ad ascoltare le tante voci del mondo.
Ci sono persone che sono governate dal contingente, dall’ansia per le cose che passano. O è il rapporto con Dio a dirigere la propria vita oppure il rapporto con Lui viene subordinato al compromesso con cose ritenute più importanti. L’ansia per le cose del mondo viene a soffocare, a togliere letteralmente il respiro.
È così che per la mentalità di questo mondo il rapporto con Diventa uno sprecare tempo perché ci sono cose più importanti e, tuttalpiù, viene ammesso un rapporto che si traduca in impegno sociale di giustizia o di promozione economica del territorio. Viene spontaneo chiedersi: la vocazione claustrale di chi rimane in preghiera per sostenere la vita di questo mondo ha ancora senso?
Ecco allora l’importanza del chiarire da chi si cerca nutrimento, o è Dio o sarà altro. Gli animali domestici riconoscono come loro padrone chi si prende cura ed in particolare chi da loro da mangiare. È interessante notare come non prendano cibi da altri e come preferiscano digiunare piuttosto che stare lontani dal loro padrone. Lo stesso nelle relazioni amorose quando l’amato è assente si attende, altrimenti non si ha fame.
Ecco la relazione con Dio è già nutrimento, le cose da fare o da ottenere sono solo secondarie, il primato va alla relazione. Da ciò ne scaturisce un frutto, è la missione della propria vita. Il nutrirsi di Dio rende fecondi, il nutrirsi delle cose del mondo rende sterili. Non si vive per se stessi ma per l’altro, il sentirsi profondamente amati e riconosciuti diventa, necessariamente, apertura all’altro e condivisione del Bene. È questa la missione di ogni cristiano.