mag
15
2016

Scoprirsi desiderio di Dio

    A compimento della Missione di strada che ha attraversato la Comunità di Danisinni celebriamo, oggi, la Pentecoste, intuendo in questa “coincidenza” un senso inatteso che esplica ulteriormente l’esperienza vissuta in questi giorni.

   Ci chiediamo il significato di questa festa che Israele continua a celebrare quale Evento in cui ha ricevuto la Torah e cioè le Tavole della Legge su cui stava scritta la via per vivere la relazione con Dio e con il resto dell’umanità.

   Il cristiano fa un’esperienza ulteriore in quanto Pentecoste è immersione nella relazione con Dio, non una mera osservanza di norme ma un vivere con il Signore. Per qualcuno, comprendo, questa potrebbe essere solo una disquisizione filosofeggiante ma per la Comunità cristiana ciò viene a raccontare il senso ultimo della propria esistenza.

     Sì, da Pentecoste nasce la Chiesa quale Comunità abitata dallo Spirito in cui, però, rimane l’esperienza frontale dove Dio è mistero ineffabile. Il cristiano mantiene viva la consapevolezza di essere interlocutore di Dio pur accogliendolo, intimamente, dentro di sé.

    Celebrare Pentecoste, allora, significa rinnovare questa esperienza di Chiesa, un cammino di discepolato in cui ciascuno mai si sente arrivato ma in continua ricerca del Signore. Il cristiano vive di desiderio e la vita stessa diventa desiderio e gusto, ricerca e pienezza, nostalgia e gioia per la presenza dell’Amato.

       Lo Spirito Santo permette l’Incontro con il Creatore, con il suo soffio vitale così come il costante respiro mantiene in vita. Allo stesso modo il soffio dello Spirito nutre ed illumina l’esistenza di ogni cristiano. L’esperienza di fede, pertanto, non è un part-time occasionale ma esigenza vitale che viene a coinvolgere ogni momento della quotidianità dando luce ed orientamento.

        La comunione è uno stato permanente che esprime la relazione con Dio, ed è perciò che Paolo (Rm 8, 8–17) dirà: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!»”.

          L’uomo che rinasce nello Spirito Santo è liberato dalle paure che legano chi non conosce il Signore, e scopre un rapporto di fiducia filiale. Dire “Abbà” a Dio è sconvolgente per l’uomo religioso, equivale a sovvertire ogni tipo di religiosità dipendente o ideologica.

          C’è una libertà d’essere nell’esperienza cristiana che contrasta la mentalità di questo mondo. È scomodo il Vangelo perché libera dalla cultura dell’immagine o dei consumi che vorrebbe legare il valore di un individuo a possessi o dimostrazioni di potere.

        La vita cristiana non è un test ergometrico ove la capacità di sforzo attesterebbe la bontà del funzionamento. Per l’uomo di fede, piuttosto, la fragilità è occasione per affidarsi a Dio, e anche il fallimento diviene riscoperta della misericordia del Signore. Tenendo conto di ciò l’umiltà della vita spirituale non è da confondersi con la codardia ma da intendersi quale coraggio per fronteggiare la vita attraversando anche le difficoltà più gravi con la compagnia di Dio.

         È così che nasce la missione della Chiesa: non è un agire a titolo personale ma dono della Parola di vita, quella che “fa nuove tutte le cose”. Difficile spiegare un “potere” così grande affidato alla Comunità e che si traduce in servizio e dono, ma certo ne sono individuabili gli effetti.

         È quello che è accaduto in questi giorni a Danisinni quando consacrate provenienti da varie parti del mondo, Palestina, Iraq, Egitto, Brasile oltre che dall’Italia, sono state accolte dalle famiglie del nostro Rione e, con loro, hanno condiviso l’esperienza di comunione e dell’essere unico Corpo di Cristo. Ecco questa è una nota di estremo interesse: l’azione dello Spirito Santo rende la Comunità Corpo allo stesso modo in cui il pane ed il vino sono rese Eucarestia. È così che la presenza del Signore rende amiche persone che fino a poco prima erano sconosciute, e reca guarigione e consolazione pur attraversando gravi disagi e situazioni difficili.

        Ad ogni creatura è restituita, così, la capacità di riconoscersi desiderio di Dio e a ciascuno è ridata la luce per distinguere nell’altro il Sacramento del Signore.

 

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