Mar
28
2013
Quello che stiamo vivendo è un giorno straordinario, da duemila anni il Giovedì santo evoca il dono d’amore più grande che l’umanità abbia mai ricevuto, Dio dona la sua Vita per ogni persona. Ciascuno da quel primo “giovedì” potrà dire: si è donato per me!
È giorno di gratitudine ma in primo luogo questo atteggiamento lo si apprende da Gesù, quell’ultima cena è un Rendimento di grazie appunto, rendere grazie al Padre per il dono della vita e, di conseguenza, consegna di questa vita: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per Voi. La gratitudine diventa sovrabbondanza, dono per l’altro.
Seguendo questa linea di riflessione, stamane al Santo Sepolcro durante la Celebrazione Eucaristica ho meditato quanto Gesù chiede ai discepoli e, probabilmente, anche a noi oggi vivendo quella notte che ha seguito la cena:
Gesù si ritira nel Getsemani, il luogo del “torchio”, è lì che affronterà la lotta decisiva per la sua e la nostra vita. Una lotta di cui vorrebbe rendere partecipi anche i discepoli. È questo il senso del Vegliare: dimorare con Lui in disparte e vigilando, passando dal vedere al vivere quella lotta che ha attraversato Gesù.
Sono gli stessi tre discepoli che lo hanno visto nella Trasfigurazione, lì appariva nella sua Gloria, qua mostra il significato della Gloria, frutto di un’esperienza: il passaggio dalla propria volontà alla volontà del Padre.
È un qualcosa di nuovo che sono chiamati a vedere. Il combattimento spirituale proprio della vita, la possibilità di scegliere di restare con Lui, di essere cioè suoi discepoli.
"Ho Sperato, ho sperato nel Signore e Lui su di me si è chinato” così recita il salmista indicando la privilegiata via dell’Incontro con Dio, la preghiera. I discepoli sperimentano tutta la debolezza, la pesantezza della vita che li porta a dormire. Gesù lotta nella veglia, sperimenta il travaglio che vive l’uomo lontano dal Padre, lotta per riavvicinare l’uomo al Padre, all’esperienza di fiducia, di consegna di tutto a Lui.
Questa lotta pertanto ha il significato di restituire all’umanità la dignità di figli di Dio, un’umanità nuova insomma. Il senso di ogni Missione è proprio questa consegna di significato. Favorire questa esperienza a cui ciascuno è chiamato. Un’esperienza che non passa per le “spiegazioni”, del tipo “io ti converto”, ma per una strada ben diversa: quella di vedere una persona, fino a poco prima estranea, lottare per te. Quello che mostra Gesù ai suoi è proprio l'averli amati sino alla fine, al di là della loro resistenza, del loro rimanere spettatori o dormienti.
Ricordo la testimonianza di tanti, che si dicevano “lontani”, durante le notti di Missione estiva, i quali rimanevano ammirati nel vedere i giovani MdS prodigarsi fino a tarda notte, pur avendoli già visti ad animare di buon mattino in spiaggia, pur vedendo il loro volti stanchi e provati. L’ammirazione di chi riconosce il volto di qualcuno che lotta per te, pur non comprendendone appieno il significato.
Vado di fretta, non rileggo quanto scritto, sto per partire per il Cenacolo e da lì trascorreremo la notte al Santo Sepolcro ed è di questo che vorrei infine parlarvi:
siamo chiamati a Vegliare. Pensate se in questa notte santa potesse nascere un ponte di preghiera, da Gerusalemme a Napoli, alla Sicilia. Ciascuno potrebbe trovare un suo spazio, in parrocchia a casa o altrove, e lì vegliare per un tempo congruo. Una proposta rivolta a tutti, Una Veglia nella notte…