Jul
12
2015
Siamo ormai vicini alla Missione che vivremo a Mondello dal 2 al 9 agosto, le tre Comunità si stanno preparando ad accogliere i Missionari di Strada ed il Vangelo (Mc 6, 7-13) di questa domenica, XV del Tempo Ordinario, ci offre il nutrimento della Parola che, ci ricordiamo, è la prima preparazione necessaria.
In particolare il Vangelo ci mostra come la vita cristiana parte da un cammino e rimane, essa stessa, cammino. I discepoli sono inviati, da Gesù, senza alcuna garanzia o scorta di turno, muniti solo di calzari e bastone.
Gli unici supporti sono funzionali al camminare e non al restare. Resta chi intende la vita quale accumulo, approvvigionamento per l’eternità, da cui scaturisce la difesa e l’isolamento dall’altro additato quale potenziale nemico. È la storia dell’umanità che nei secoli ha preferito, secondo questa logica, la guerra alla pace, la bramosia di conquista anziché la condivisione.
San Francesco, proprio per tale motivo, raccomandava ai suoi frati di resistere alla tentazione del possesso, in quanto il legame alle cose impoverisce il cuore e imbriglia la persona in tanti legacci che impediscono la libertà dell’Annuncio. La Parola di Dio, infatti, è Verità e l’interesse personale rischierebbe di edulcorarla facendola cadere nel compromesso.
Viene da chiedersi come mai l’essere umano imposti la sua esistenza secondo la mentalità del potere e del dominio. Troviamo risposta proprio in quel mandato delle origini, l’uomo e la donna chiamati a dominare le cose del mondo ma a partire dal loro essere “ad immagine di Dio”.
L’identità originaria, maschio e femmina ad immagine di Dio, racconta la chiamata relazionale propria di ciascuno. La suggestione del tentatore ha confuso la creatura proponendole una via (alternativa) per essere ad immagine di Dio e cioè, procurandosi il nutrimento da sola. Equivale a fuggire dalla propria identità e, di conseguenza, a non amarsi e a non credersi amati da Dio! È Lui che affida una missione particolare a ciascuno (l’immagine divina è dono), a partire da quello che si è. Solo accogliendo la vita quale dono è possibile incamminarsi per realizzare la propria missione.
Il Creatore chiama a “dominare” le cose del mondo, significa un’attività di governo per dare direzione a ciò che si ha in custodia (e non “appartiene”). È un mandato per tutti, ciascuno ha la sua capacità specifica, il problema si crea quando qualcuno vuole prendere il posto di un altro e fare quello non gli compete, da lì ne scaturisce antagonismo e brama di possesso.
Quanto però perdiamo la nostra missione ci inaridiamo e non siamo più capaci di dare vita. Nessuno è chiamato a vivere per se stesso e l’annuncio della Parola è come il seme che cade e porta frutto nella vita altrui, senza che il donatore ne abbia il controllo: generare non significa possedere!
I discepoli sono inviati a portare questa Parola, condividerla senza appoggi o interessi secondari. Il fatto che non si cerchino garanzie comporta un rapporto di fiducia che sta alla base di ogni missione. O ti fidi di Dio oppure la vita rimarrà bloccata nei meandri dei propri calcoli.
È necessario tornare a se stessi ma illuminati dallo sguardo di Dio, è così che Amos (prima lettura) accoglierà il mandato a portare la Parola di Dio. Cioè non farà del suo essere pastore e contadino un motivo di resistenza a quella proposta, non dirà “io mi occupo di altro”. La missionarietà è una dimensione trasversale che tocca ogni cristiano, unica condizione è la fiducia nel Signore.
Ricordo che quando partii per il Cammino di Santiago ero andato sprovvisto di bastone e dopo i primi cinquanta km stavo rischiando la tendinite, procurato il bastone sono riuscito ad arrivare alla meta. Fidarsi non equivale ad andare da sprovveduti, è necessario coltivare la propria relazione con Dio per avere il nutrimento necessario, il missionario è chiamato all’umiltà perché, prima ancora di mettersi in cammino, deve sapere che il suo sostegno vitale è solo il Signore. Buona preparazione.