Dec
28
2014
Vediamo come, ancora oggi, la Sacra Famiglia continua ad essere modello e sostegno in un contesto in cui l’istituto familiare sembra essere minacciato nella sua identità profonda, come a dire che non è più vero che un uomo ed una donna sono chiamati a creare famiglia poggiando la loro scelta il Dio, ed aprendosi alla paternità e alla maternità quale vocazione di vita!
Le nozze di Maria e Giuseppe si aprono all’umanità, il loro essere famiglia diventa compimento per l’umana famiglia, tutti abbiamo bisogno di riconoscerci famiglia di Dio e mai da soli. Con il Natale abbiamo celebrato la grande avventura che Dio ha iniziato con l’umanità la quale, pur sforzandosi, non poteva arrivare ad un’esperienza di vera condivisione con Dio. Ora tutto prende luce da una nuova intimità con Dio.
Il primo segno oggi è dato dalla fecondità di Abramo e Sara che, seppur ormai sterili, tornano a dare vita. Come può il deserto vedere fiorire il suo suolo? Come può l’uomo infecondo generare vita? “Nulla è impossibile a Dio”, era stata questa la promessa fatta dall’angelo a Maria, la stessa che era stata fatta secoli prima ad Abramo al quale era stato mostrato il firmamento per indicare il numero della sua discendenza.
Quando furono compiuti i giorni ecco che Gesù viene prima circonciso e poi, dopo altri quaranta giorni, presentato al tempio. Per Israele il tempo non si consuma bensì trova compimento, è molto interessante notare come lo scorrere dei nostri giorni non sia tanto un perdere qualcosa ma un riempirsi sempre di più. E questo dipende dal criterio che usiamo per dare senso alla nostra vita: se diciamo “è finita la mia giovinezza”, viviamo di rimpianti cercando l’elisir di lunga vita (anche per questo i prodotti di cosmetica oggi procurano un grande profitto così come gli interventi di chirurgia plastica); se invece affermiamo “sono compiuti i miei anni”, allora, ci apriamo a una prospettiva futura di pienezza e percepiamo la vita come cammino verso una meta.
Compiuti gli otto giorno danno il nome Gesù così come aveva rivelato loro l’angelo. La sacra famiglia dà il nome a Gesù, e chiamare per nome significa riconoscere l’esistenza e l’’importanza di una persona. Sono i primi a chiamarlo per nome e a riconoscere, pertanto, che “Dio salva”: questo è il significato del nome di Gesù. Può invocare “Gesù” solo chi riconosce che solo Dio salva, e pertanto chi riconosce, con Maria e Giuseppe, che solo nel Signore c’è salvezza. Chi si crede giusto non chiamerà il nome del Signore, perché penserà di non avere bisogno di salvezza.
Compiuta la purificazione Gesù sarà portato a Gerusalemme, sarà la prima volta, vi ritornerà a 12 anni quando comincerà ad insegnare innanzi a scribi e farisei. Ma questi due viaggi saranno preparazione a quello definitivo. L’ultimo viaggio verso Gerusalemme segnerà il compimento di tutta la Scrittura e della missione salvifica di Dio, si concluderà dall’alto della Croce con l’esclamazione “tutto è compiuto”.
La presentazione del primogenito al tempio equivale a riconoscere che Dio è l’autore della vita, i figli appartengono al Creatore e non ai genitori. Ciò equivale ad attestare la grande libertà degli uomini perché voluti da Dio, chiamati all’esistenza da Lui. Sono frutto del desiderio di Dio che ha, pertanto, un disegno d’amore e di profonda comunione per ciascuno. Il primogenito va riconosciuto come proprietà del Signore, lui che sarebbe il “bastone della vecchiaia” va consegnato a Dio, perché è Lui l’unico sostegno della propria esistenza.
Ora nel tempio stanno un uomo e una donna, ambedue sono in attesa. Simeone è al compimento dei suoi anni ma ancora non può andare in pace perché ha bisogno di essere consolato e cioè di vedere l’Emmanuele, il “Dio con noi”. Siamo consolati quando scopriamo che Dio accompagna la nostra vita e non siamo lasciati al caso: la nostra vita è un viaggio in compagnia di Dio e dopo averci preparati Lui ci accompagna nel suo Regno, nella piena comunione con Lui. Ed è lo Spirito Santo a muovere Simeone, questa consolazione e questo movimento verso la meta eterna è possibile solo sotto l’azione dello Spirito Santo. La consolazione viene proprio dall’avere tra le braccia Gesù. Prima lo accoglie tra le braccia e poi riconosce che tutto è compiuto, in Simeone riconosciamo il cammino verso cui tende tutta l’umanità: accogliere tra le braccia Gesù per essere, infine, da Lui accolti. Ora può andare finalmente in pace Simeone, la morte sarà colta come compimento e consegna tra le braccia di Dio.
Simeone ha atteso per tutta la sua vita la venuta del Messia. Pensate alla gioia di quest’uomo che sta vedendo il compimento dei suoi giorni, eppure subito dopo il suo esultare ecco che passa a dire come la manifestazione di Dio non ammette compromesso, la rivelazione di Dio svela ogni bruttura dovuta al peccato. C’è una necessità per accogliere il Dio che viene, buttar via il male che attanaglia la propria vita.
Se in un contesto di corruzione, ad esempio a lavoro, arriva uno che vuole impegnarsi ecco che gli altri si sentono scomodati. Ricordo che quando lavoravo come operaio nei cantieri scuola vedendomi lavorare oltre un’ora i più cominciavano a bersagliarmi con frasi che diventavano sempre più minacciose perché il mio lavoro, implicitamente, li metteva “in cattiva luce”. Lo stesso è di un ufficio in cui un impiegato non accetta tangenti e per i colleghi corrotti viene a “rompere la piazza!”. Se metti il casco, getti l’immondizia nel cassonetto, se usi la cintura di sicurezza e non manometti il contatore della luce, sei una persona che interpella e che è, pertanto, da isolare!
Il cuore dell’apostolo viene trafitto, chi annuncia il Vangelo deve mettere nel conto che si possa essere trafitti. Maria rimarrà accanto a Gesù, anche ai piedi della Croce, e lì sarà trafitta perché accetterà che la vita del Figlio abbia compimento, e nel suo amore anche la vita di Maria troverà compimento passando per quel dolore. Non è vero che tutto il dolore è infecondo, c’è una sofferenza che può portare frutti di Bene e questo accade quando la prova si vive poggiati in Cristo Gesù.
Anche Anna, rimasta vedova ancora ventenne, poggerà la sua vita nel Signore e allora i suoi giorni per più di sessant’anni diventeranno il tempo dell’attesa per prepararsi all’incontro con lo Sposo. È la condizione dell’umanità che senza Dio fa esperienza di vedovanza: ora sono giunte le nozze dell’Agnello, tutto è compiuto, la vita ha un senso ed una gioia nuova.